Non basta un articolo per poter sviscerare tutti i dubbi e le perplessità sul primo elmo in dotazione al Corpo Nazionale, essendo un tema molto caldo non è raro leggere e ascoltare dettagli e versioni differenti sulle caratteristiche e la storia di questo elmo. Per non far torto alla storia abbiamo cercato di riunire i documenti più importanti per tracciare degnamente la storia dell’elmo e porre una parola fine ai vari miti legati ad esso.
Iniziamo riprendendo la storia di questo copricapo, frutto della necessità di dotare il nascente Corpo Nazionale di un elmo più moderno rispetto ai modello Milano nati sul finire del XIX.
Tra storia e mito.
La Circolare n.69 del 7 Maggio 1939-XVII, stabilisce che ogni Comando Provinciale, in base al proprio bilancio economico, si doti del nuovo Elmo da Incendio, prodotto dalla Soc. An. Bergomi – Piazza Melozzo da Forlì, 2 di Milano.
Sono previste due versioni suddivise nelle seguenti categorie:
Ufficiali: elmo di cuoio con cresta in ottone dorato semplice…………£.168
Sottoufficiali e vigili: elmo in cuoio con cresta in ottone brunito……£.135
L’elmo quindi si presentava in cuoio con la calotta verniciata in nero lucido, la cresta in ottone brunito dall’aspetto opaco per i Vigili e Sottufficiali e in ottone dorato dall’aspetto più chiaro e lucente per gli ufficiali.
Da notare che ne in questa circolare ne in quelle future, viene fatto accenno ad un nome preciso dell’elmo che viene semplicemente identificato dalla tipologia (elmo da incendio) e ditta produttrice (Soc. An. Bergomi).
Questo per sottolineare al collezionista che in realtà oggi usiamo una dicitura del tutto arbitraria quando indichiamo questi elmi con il nome modello 38 o abbreviato M38, rispetto alla più corretta e anonima dicitura: elmo da incendio del Corpo Nazionale.
La Circolare continua indicando le modalità di consegna degli elmi, che devono essere ritirati dai Corpi partecipanti al I° Campo Nazionale previsto a Roma per il 24 Giugno 1939.
I Comandi avrebbero fatto l’ordine del quantitativo necessario e delle taglie per il solo personale partecipante al Campo Nazionale, i rimanenti vigili rimasti ai comandi di appartenenza avrebbero ricevuto gli elmi in un secondo momento.
La ditta Fratelli Lorioli di Milano avrebbe poi fornito le fiamme d’ottone recanti il numero del Comando direttamente alla ditta S.A. Bergomi, per agevolare le consegne a Roma.
A seguito del I° Campo Nazionale a Roma, il Ministero dirama la Circolare N°110 del 4 Agosto 1939-XVII°; questa comunicazione diretta a tutti i Prefetti e Comandi, fornisce il nulla-osta per completare l’approvvigionamento del nuovo elmo da incendio.
In particolare il documento recita:
Si pregano pertanto le EE.VV. di voler autorizzare i dipendenti Comandi Provinciali Vigili del Fuoco a passare ordinazione alla Ditta S.A. Bergomi del fabbisogno di elmi da incendio.
La spesa all’uopo occorrente graverà sulle disponibilità per acquisti di materiale, a carico del bilancio dei Corpi, ripartita, ove occorra, in più esercizi finanziari.
Con la successiva Circolare n. 70 del 30 Marzo 1940-XVIII, viene stabilito che tutti gli elmi da incendio, siano verniciati con lo smalto alla nitrocellulosa marca Arson-Sisi n. 54397, entro il termine stabilito del 20 Maggio 1940-XVIII.
Il colore definito in alcuni documenti: Grigio Topo, era lo stesso che veniva applicato ai mezzi e alle attrezzature con l’apposito ordine del giorno.
Tutte le componenti dell’elmo ad esclusione del fregio e del sottogola devono essere verniciati, le parti metalliche altresì dovranno essere rese ruvide onde migliorare la resa della verniciatura.
Durante la guerra anche i materiali dell’elmo vengono modificati, per adattarsi alle politiche di risparmio delle materie prime, i crestini che prima erano in ottone vengono prodotti direttamente in metallo autarchico verniciato.
L’approvvigionamento degli elmi da incendio, era completamente a carico dei Comandi Provinciali, e con l’intensificarsi del conflitto divenne chiaro che la ditta Bergomi non poteva onorare nei tempi richiesti gli ordini che continuamente le pervenivano.
Per questo motivo come si può vedere nell’immagine di seguito, vennero recuperati anche gli elmi modello Milano, verniciati di Grigio Topo e dotati del nuovo fregio della Lorioli, questi elmi insieme anche a piccole aliquote di altri modelli venivano poi consegnati ai Vigili Volontari che man mano venivano richiamati in servizio continuativo.
Dopo il periodo bellico gli elmi lentamente saranno riverniciati nuovamente di nero, venendo sostituiti a partire dal 1951, dall’elmo prodotto dalla Ditta Violini di Torino. Non è raro incontrare foto che ritraggono vigili dotati del nuovo elmo affianco a vigili con il vecchio elmo M38; possiamo tranquillamente asserire che a causa della lentezza nell’approvvigionamento del nuovo elmo Violini passarono diversi anni prima della completa dismissione del vecchio elmo.
Una genesi militare.
L’elmo nelle sue forme non è altro che una modifica dell’elmetto allora in uso al Regio Esercito. Il modello 33 o abbreviato M33.
Non è un caso se l’ispirazione per la produzione di un elmo da incendio è caduta su un modello militare, prima di tutto il contesto politico imponeva un immagine marziale, in secondo luogo la politica di autarchia richiedeva l’utilizzo di componenti facilmente reperibili o che richiedevano una semplice conversione.
Nel caso dell’elmo da incendio la calotta era modellata sulla base del M33 al quale veniva aggiunto un prolungamento sul retro che doveva idealmente proteggere la zona della nuca e deviare l’acqua dalla schiena (concetto ripreso pressoché per ogni elmetto dei pompieri prodotto e ideato dal XIX secolo ad oggi), ed infine veniva aggiunto il crestino di rinforzo.
L’interno o liner discende anch’esso da quello peculiare degli M33, differenziandosi per alcuni particolari importanti.
L’alluda è in tela cerata in sostituzione della vacchetta del modello militare, soluzione che ne determina un deterioramento maggiore e una qualità minore.
La lamina metallica che costituisce lo scheletro su cui viene posta l’alluda, presenta una spessore minore e qualità diversa rispetto al modello militare, si può solo ipotizzare che la Ditta S.A. Bergomi non aveva accesso alla quantità di metallo necessario perché dirottata principalmente al fabbisogno delle fabbriche destinate allo sforzo bellico.
I rivetti che fissano l’interno al corpo dell’elmo sono esattamente gli stessi del M33, così come il sottogola che si differenziava dal modello militare per il bagno in tintura nera al posto del grigioverde degli elmi militari.
Miti e leggende
L’elmo da incendio, per la sua storia è circondato da un alone di unicità e non mancano i miti, alcuni di questi sono nati sull’onda dei ricordi dei vigili che li hanno utilizzati, altri nati in ambito collezionistico, fuorvianti o totalmente inventati.
La pelle del porco: molto spesso viene dichiarato che l’elmo è prodotto in una non ben definita fibra e, spesso si parla dell’uso della cotenna di maiale come espediente alle restrizioni del tempo.
Questo mito pone le basi su un fatto concreto, ad oggi sono pochi gli elmi da incendio che hanno superato la prova del tempo indenni; molti sono deformati o addirittura fratturati solo per esposizione agli elementi. Questo fatto concreto ha dato luogo alla credenza che l’elmo fosse prodotto con materiali scadenti a causa dell’autarchia.
Per sciogliere ogni dubbio diciamo che non noi (collezionisti/ricercatori), ma le fonti identificano l’elmo come prodotto in cuoio, senza particolari specifiche, e che con tutta probabilità dall’analisi degli originali, la fragilità dell’elmo fosse dovuta al tipo di concia piuttosto che dal materiale impiegato.
Va infatti detto, che il cuoio che si ottiene dalla concia della pelle di suino è molto resistente alle abrasioni, e quindi particolarmente adatto ad un elmo, il punto debole quindi rimane il tipo di concia vegetale usata, in favore di altri procedimenti chimici più costosi e difficilmente attuabili in regime autarchico.
Fregi a perdere: una delle ultime teorie nasce in seguito al ritrovamento di fregi specifici per l’elmo da incendio in metallo, si dice che nel periodo bellico, con la politica di risparmio dei metalli preziosi per lo sforzo bellico, i fregi in ottone siano stati riconsegnati per essere sostituiti da quelli più economici in cosiddetto “metallo autarchico“.
Per rispondere a questa teoria bisogna premettere che all’epoca, la politica economica del Corpo era affidata ai singoli Comandi Provinciali, che quindi dovevano pagare tramite le proprie casse quello che il Ministero indicava come necessario.
Come detto per la genesi del nostro elmo, i fregi prodotti dalla Lorioli venivano comprati alla bisogna dai Comandi per equipaggiare i propri uomini, ne consegue che in un ottica di risparmio per esigenze belliche fosse altamente improbabile un loro acquisto per poi riconsegnarli e comprare quindi dei fregi solo perché più economici.
Interessante notare come questa teoria nasca perché oggi le struttura di approvvigionamento del materiale ministeriale è centralizzata e quindi risulta credibile un ritiro e sostituzione su scala nazionale di un singolo componente dell’equipaggiamento.
Un breve accenno deve essere fatto anche a delle piccole imprecisioni, è capitato di sentir raccontare che in tempo di guerra gli elmi verniciati di Grigio Topo, erano differenziati tra Vigili e Sottufficiali, e Ufficiali, quest’ultimi avevano l’elmo dipinto solo in parte per lasciare il crestino dorato scoperto, con l’intento di sottolineare il loro rango.
Al momento non esistono fonti documentali che confermano quanto asserito, può essere che un ufficiale abbia fatto uno strappo ai regolamenti, ma può essere solo ricondotto a una sua scelta personale. In ogni caso non possiamo parlare di una consuetudine e quindi a livello storico deve valere la regola dell’elmo totalmente verniciato Grigio Topo, per ogni grado e rango.
Sempre su questo argomento, è stato sostenuto da alcuni collezionisti; che avendo ritrovato crestini in ottone e altri in metallo fosse dovuto ad un altro modo per differenziare i Vigili dai Capi Squadra, deve essere tenuto a mente che la figura del CS dell’epoca era ben diversa da quella attuale ed era identificata solo da un fregio in canuttiglia apposto sulla manica del giubbetto dell’uniforme.
La presenza di crestini in ottone e metallo era dovuta alla sostituzione delle ottone nel processo produttivo della Ditta S.A. Bergomi in pieno conflitto bellico, e in linea con le politiche economiche di guerra.
Molto interessante è notare come questa situazione ha portato nel dopoguerra a verniciare gli elmi completamente di nero per evitare vistose disomogeneità tra gli elmi dei primi lotti e quelli bellici.
Conclusioni
L’elmo M38 con la sua storia e unicità è un pezzo immancabile nelle collezioni degli appassionati, e vale la pena spendere una riflessione sull’aspetto economico-collezionistico.
Con un numero sempre maggiore di appassionati che si affacciano a questa branca collezionistica, è aumentata esponenzialmente anche la richiesta di elmi.
E la nota dolente è che come in ogni settore del commercio aumentando la richiesta cresce anche il prezzo.
In passato le fiere di Militaria offrivano sempre qualche buon esemplare, ed in generale con 150/200 euro era possibile riportare a casa un elmo in ottime condizioni.
Purtroppo si deve constatare che alcuni collezionisti tendono ad approfittarsi del prossimo e facendo leva sulla storia dell’elmo e la sua relativa rarità alzano di molto il valore, poco tempo addietro un esemplare è stato proposto oltre i 500 euro, non sappiamo se è andato invenduto o meno, ma è un segnale forte che l’interesse non manca e fatta eccezione delle aste su ebay che mai dovrebbero essere prese a parametro per una corretta valutazione del valore, possiamo dire che in futuro alle fiere gli stessi esemplari verranno probabilmente venduti tra i 200 e 300 euro.
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